giovedì 22 settembre 2016

Prima dell'Aids

Un Matthew McConaughey strepitoso nei panni
di un malato di Aids in "Dallas Buyers Club"
La       colonna
immonda
                     di Matteo Tassinari
Che cosa direi a chi considera l'Aids una punizione divina? Niente, perché è già stato il suo cruccio. Dio l’ha punito infettandolo con un pensiero così malsano, impietoso e spietato, che non gli renderà facile la sua vita. Com'è immorale che nel 2015, quindi 20 anni da quando sono stati scoperti i primi farmaci utili ed efficaci, mentre ancora popoli interi sono decimati ogni giorno dal virus dell'Aids perché non hanno accesso ai medicinali anti retro virali e vivono in condizioni di assoluta indigenza ed estrema povertà di ogni topo.
Puttanate dette con piglio da luminari, ascolti corsari, è morto Franco, "QUANDO?", riformulazioni maldestre, trasformazioni bigotte, farmaci che improvvisamente mancano e alle 3 di notte bisogna ricorrere alla Guardia Medica che non c'è mai perché è in giro per la "notturna" ad appiccicare cerotti e bambagia, o 30 gocce di Valium a qualche contorsionista del transitorio o del caduco. Poi leggi i soliti titoli, corsivi scritti da saccenti soloni che lasciano il vuoto di sempre coi loro punti di vista. Ed è una lotta quotidiana per chi è colpito da questa malattia. Le persone affette da Aids, però, hanno risvegliato l'amore più tenero e gli affetti amplificano la loro presenza, in chi crede che abbiamo un'anima. In altri che magari l'avevano relegata al di fuori della propria vita, dimenticandola.
 Circuiti         mentali
impazziti 
La battezzarono da subito come la "Peste del Millennio entrante" e via di questo passo a scomodare passi biblici sull'Apocalisse o aforismi del solito aforista (e basta!) Oscar Wilde che ha proprio rotto al livello dei coglioni con la sua "La Recherche" o il testo sul tempo perduto. Una genere letterario votato al disfacimento perverso che gode solo quando il dolore lo vivono altri.
I noir, i dark, gli pseudo nichilisti, si limitano a cercare di darla da intendere che soffrono molto anche loro - purini... - in questo mondo sporco, brutto e cattivo come i loro pensieri. In realtà stanno benissimo, anche se, nella loro visione distorta delle vicende, l'essere malato di Aids ha un suo fascino, sembrerebbe assurdo, ma è così, all'interno di un circuito mentale impazzito dove la sfiga trova, paradossalmente, il potere allucinante del vittimismo e dalla vita oscura è fortissimo e chi ne gode è malato forte. Bisognerebbe aiutarlo, ma come si fa, poi tornano a fare le creste di gallo.  
E' che gli piace offrire agli altri una figura di se sofferta, vissuta, controcorrente, il fascino del maledetto, come se questo illuminasse al neon la loro immagine di figuro trasgressivo o similari. Non è uno scherzetto per chi ci vive con queste paranoie per decenni, ma anche per pochi mesi. Notare la solidarietà a chi si offre perché ti ritiene diverso a causa dell'Aids, qualcuno che possa farti vibrare il senso della curiosità sadica, pervertita e spietata. Ma ognuno beve nel proprio bicchiere.
 Perenne  Penne
in        Pena
senza        inchiostro
Giornalisti acritici, senza penna, privi di potere contraddittorio perché ignoranti della patologia, che dai primi anni dalla scoperta grazie allo scienziato Luc Montagnier immunologo, biologo, virologo e professore all'Istituto Pasteur di Parigi, si sono dati battaglia a chi scriveva la cazzata più grossa, tanto cosa vuoi che capisca il lettore di Aids? Siamo incrostati da quella visione manzoniana degli untori, una visione ingenua e carica di moralismo paranoico manzoniano. Ignoranza allo stato grezzo, come il diamante. Tutto quel mondo che può renderti la malattia più leggera o può caricarla di un'ulteriore peso o sofferenza inevitabile e forse per questo ancora più intollerabile.
Fate una prova con voi stessi. Come reagireste se sapeste che il cuoco del vostro ristorante preferito ha l’Hiv? O la tipa che fa ginnastica proprio vicino a voi è stata ricoverata per una settimana in ospedale agli Infettivi? O la maestra di vostro figlio è sieropositiva? Poi, improvvisamente, salta fuori un film geniale, illuminato, ispirato, girato con autentica e grande cognizione di causa, capace di toccare profondità umane oceaniche, quindi abissali. L'Aids è un abisso, un burrone, un precipizio, ma "Dallas Buyers Club”, senza percorrere la deriva del ridicolo pur affrontando il dramma con l'ironia umana del quotidiano. “Dallas Buyers Club”, del regista Jean-Marc Vallée, porta il pubblico al peggio della crisi dell'Aids, i primissimi anni bui, che si continuava ad andare avanti perché non c'erano alternative, dove la malattia era una condanna firmata a morte, con terrore e ostilità da parte di tanti. Il miglior movie del 2013. Sicuramente.  
Charlie Sheen, malato di Aids,
indossa una maglietta con scritto:
"Siate positivamente negativi"

  La     realtà, è
 infelicemente
  più     crudele
117 minuti esplorativi di un periodo sconosciuto, capito troppo poco perché se ne ha paura e in pellicola rende il punto preciso di tutte le inquietudini che si viveva durante i primi anni '80. Lasso di tempo foriero di gag, diktat, dettami, comandi, direttive, norme, regole, delibere, polizia, 118, Pronto soccorso, flebo, prescrizioni mediche, direttive, disposizioni per una dura condizione non negoziabile, regolamenti draconiani, queste e altre sono le limitazioni che hanno vissuto in modo particolare i primi malati di Aids nel 1983. Prima lo chiamavano Htlv3, poi Htl e basta, fino a giungere al semplice Hiv di oggi, pensando che non riguardasse alla gente "normale". Mi dispiace, ma la realtà è assai diversa e infelicemente crudele.
Jared   Leto
In maniera timorosa, direi in modo brutale, la gente leggeva di un nuovo virus che succhiava il sangue come un vampiro per infettarlo a vita. A quel punto, l'hiv, con una natura assolutamente trasversale, intaccava tutte le parti più sensibili del proprio corpo. I giornali erano felicissimi: "La morte del secolo", "L'epidemia del Pianeta", "Pandemia totale". Sguazzano nel fango come il Titanic prima di affondare, andando a nozze con la gente che non s'accorse di non sapere nulla, abbindolata dalla disinformazione dei media, anch'essi coinvolti nella disinformazione per interessi di bottega o per seguire la linea editoriale dettata dal direttore o chi per lui.

Ma è pur vero che alcuni scienziati affermano che l'idrogeno, poiché sembra essere ovunque, è la sostanza basilare dell'universo. Non sono d'accordo. Io dico che c'è molta più stupidità che idrogeno e che quella è la vera sostanza costitutiva dell'universo. Ma ad azzeccarci, alla fine, è la gagia, algida, diafana e brava attrice Tilda Swinton: "La stupidità è una sorta di cecità, di sconnessione dagli altri. E in quest'atmosfera la malvagità si radica". CENTRO! "Dallas Buyers Club" è un'agghiacciante vittoria della potenza imprevedibile dell'emarginato, anzi della disperazione del malato terminale.
  Fatti da froci
Certe cose
non si fanno
La gente parlava, e pensava, proprio in questi termini. "In fondo sono cose che a me non riguardano" e oggi ci ritroviamo con i reparti infettivi colmi di 70enni malati di Aids conclamato con moglie, nipotini e prole a carico che ti guardano con volto burbero e dubbioso, come se a loro l'Aids l'avessero preso giocando con le farfalle, perché non era vero, dicevano, che erano andati a puttane, non potevano dirlo per la moglie i parenti e amici.  Prima di tutto la reputazione, a costo della verità.
Per   favoreeeeeee!!!!!!!
Era uno spettacolo davvero raccapricciante, pesante per mogli, figli, amici, ma vedere la faccia di quelle persone che pur di non dire ch'erano andate a puttane, si arrampicavano sugli specchi sparando improbabili giustificazioni a cui nessuno credeva. Nella loro immane e sconsolata tristezza oltreché deprimente condizione, era penoso sentire il pesante silenzio di questi 60enni con l'Aids che cercavano di discolparsi in tutti i modi, rendendo ancora più scabroso e insidioso il loro status. 
L'Italia, Paese delle domande di riserva
Gente che non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in quelle posizione. Micidiali i tentativi d'inventare incredibili falsità, pur di non ammettere d'aver avuto rapporti sessuali con una prostituta, o magari un trans, piuttosto avrebbero giurato di aver visto un cavallo volare. Pantomine ardue e sgraziate che ad ogni parola in più, il "disonore" e il turbamento aumentavano senza misura e la verecondia, caratteristica di chi rifugge da ciò che offende il pudore, è alle stelle.
Nella       loro intima
natura      puttana
Come quella ormai vecchia canzone di Fabrizio De André, quando un professore in età avanzata di giorno puntava il dito contro la puttana denigrandola pubblicamente come pubblica moglie assieme agli amici, però, la notte, sarà lei a stabilire il prezzo delle sue voglie. Metafora per dire come sono poveri e umani i meccanismi che animano le anime. Comportamenti viscidi, inaccettabili, ma anche teneri, graziosi nella loro intima natura puttana, nel loro primo e intimo risveglio malato, trattandosi di un'amore fra gente che vive abbarbicata a flebili speranze e dolorose notizie che il tempo rende, senza pensare che il tutto sia una tortura! Sono gli anni dalle spalle larghe, quando nelle giacche i sarti mettevano cuscini per fare, appunto, le spalle larghe. Mai capita 'sta moda dall'aria nazista, sembrava il look della Gestapo. Sono i primi anni 80, quando le creste di gallo a Londra non si contavano tante erano durante i primi anni di Aids, quando si diceva che a prenderlo erano solo i "froci", persone che morivano molto lentamente e menavano una vita "perversa" e "anormale".
Aspetto brutale, l'essere destinati alla deriva e all'impotenza combinata alla paura vera, scoprire, giorno dopo giorno che gli arti non rispondono più e capisci che qualche cosa di inaccettabile, diverso da tutto quello che avevi visto fino ad allora s'avvicina e s'inizia a contare tutto, senza drammi, ma succede. Così ci sarà l'ultima doccia, l'ultimo pranzo, l'ultimo sigaretta, l'ultima volta che vedi una persona e non lo dici ma lo sapete entrambi, l'ultima mail inviata, l'ultima cavalcata, l'ultimo vestito e così tutto diventa ultimo. Per cercare di non essere il primo, ma almeno esserci.

L'Aids          è un tempo
da        vivere,      non un
modo        per  morire!
L'Aids è la malattia del peccato, per la gente "comune". Non si riesce a capire, cazzo!, che come tutte le malattie anche l'Aids è un tempo per vivere. non un modo di morire. Provate voi a pensare, ad esempio, se un sieropositivo dicesse a qualcuno la propria condizione. Quello andrà col pensiero ad una trasgressione, ad una vita dubbia, ambigua o quanto meno equivoca e state certi che sarete depennati dalla sua agenda. Certo, perché esistono abitudini che è più onorevole trasgredire che seguire. Mentre puoi dire a tutti che hai messo su un By pass al cuore per riscuotere melensi rassicurazioni sul fatto e stucchevoli piagnistei svuotati di pietà. Poco male.
Ormai non   passa giorno che non si faccia dietrologia
balorda su qualunque evento, dall’11 settembre  all’Aids
Ed Harris nella versione  cinematografica del romanzo
di Cunningham “Le ore”, diretto da Stephen Daldry
Superbo...
 Strepitoso.....
Spettacolar e!!!!
Jared Leto
Leto, chiamato ad interpretare Rayon solo un mese prima dall'inizio delle riprese, si è calato in modo strepitoso nella parte di un transessuale indossando i vestiti del suo personaggio per tutto il periodo di registrazione, pause comprese, talvolta anche dopo il set ed i ciak, e a pisciare si metteva a sedere sulla ciambella.
“Se dovevo pisciare - spiega Leto - mi sedevo sul water come fanno le donne. Questo comportamento mentale rapportato a tutti i momenti della giornata, mi ha dato una certa sicurezza, visto che non avevo mai fatto  ruoli femminili. Cercavo di scovare il mio lato femminile e gonfiarlo fino all'esplosione. Vivevo da donna, in modo spropositato, proprio come fanno i transessuali, che amplificano i comportamenti femminei in modo eccessivo, volevo far luce soprattutto ai lati delle donne in contesti disperati”. Leto è Rayon, trans malato terminale di Hiv e volontario per testare nuovi farmaci e vedere gli eventuali effetti collaterali. Una cavia.
"Sto da Dio     sui tacchi!"
Copertina del film
Personaggio che ha richiesto una dieta che ha ridotto l'attore, già magro di suo, ben quindici chili in meno. "Rayon mi ha affascinato subito. Ha cuore, testa (quando è lucida). E' divertente, educata, provocante. E poi… sto da Dio sui tacchi! Avevo un’idea precisa del ruolo. Un uomo che vuole vivere come donna, non una drag queen, non un cliché, ma una persona reale con sentimenti uguali. Ci sono dettagli che aiutano a farti sentire subito più donna. Un rossetto, il colore della parrucca o indossare calze in rayon coulisse con nappe. Depilato è davvero una strana sensazione quella delle gambe che si toccano, si sente tutto in maniera differente. Interpretare Rayon è stato un grande impegno emotivo, spirituale e fisico. Penso che un po’ di sofferenza non fa male e le cose grandi nascano dai grandi sacrifici” dice l'autore del miglior transessuale hollywoodiano. Niente a che vedere con "Priscilla, la Regina del deserto" o "Transamerica". I cinefili, o più semplicemente chi va spesso al cinema, penso abbia capito la sostanziale differenza.
 Anni'80:
case farmaceutiche
Impazzite!
Jean-Marc Vallée è il regista della storia basata sulla vita di Ron Woodroof, un Matthew McConaughey a 59 chili. C'è da rimanere paralizzati dalla sua magica interpretazione di un elettricista texano che dopo aver fatto le analisi del sangue scopre la sua sieropositività a causa della sua vita sessuale promiscua e spensierata.
Il regista Marc Vallée
Regalandoci l'interpretazione della sua carriera, che non è caratterizzata solo da una trasformazione fisica sorprendente, ma da profonda compassione e coraggio. Il ritratto di un uomo che ha trovato un modo per aggrapparsi alla vita, costruito dal regista Jean-Marc Vallée, imprimendo una scenografia pulita ed essenziale che non indulge mai al patetico, rivelando con occhio felice l’ambientazione affidandosi agli attori nel far emergere le forti emozioni reali, infondendo al film un ottimo umorismo senza dimenticare mai che la posta in gioco è terribilmente seria. Siamo nei primi anni ‘80 e i medici non sanno che fare. Le case farmaceutiche, impazzite dal momento favorevole ai loro budget annuali, si sbizzarriscono e cercano in tutti i modi di proporre vecchi farmaci in disuso per deviarli nei protocolli della Farmacopea internazionale dei farmaci contro l’Aids.
"Grazie al porco

Ronald Reagan"
Bill Murray antiregan dalla prim'ora
E’ le case farmaceutiche del settore ringraziarono Reagan per la veloce approvazione di un farmaco così moderno ed "efficace": L'Azt. E' stato un momento assurdo, sconosciuto, privo d'atti di pietà, cinismo pagato con la vita di migliaia di pazienti in cura con l'Azt che nessuno ha saputo, lo sanno solo chi ha avuto la sfiga di fottersi con un virus d'origini tropicali e dove i miliardi di dollari fioccavano come giuggiole. I fatturati della GlaxoSmithKline (casa Farmaceutica delle pillole) ringraziano pubblicamente per la carta bianca che le hanno  lasciato. Epperò davvero un peccato che l'Azt nel frattempo di prove abbia ammazzato, lo dicono le carte dei processi e scienziati e tutti i dottori impegnati nella vera lotta contro l'Aids, migliaia di persone per Leucemia e tumori non-Hodgkin e altri. pareva l''evento del secolo, come avessero trovato il vaccino. Per poi, dopo 11 anni, hanno detto: "E' un nucleosidico della timidina, proposto come antineoplastico, ma abbandonato perché poco maneggevole e troppo tossico". Grazie al ....o. Ma prima non lo sapevano?

 Si chiamava     Benito,
di nero    vestito
Ci sono voluti 11 anni di assunzioni e migliaia di morti prima di capirlo! Azzardo un paragone visionario per non scrivere folle: se pensiamo al fascismo, altro virus assassino, è servito più tempo ad estirpare il seme del male, se poi consideriamo che non è ancora finita, allora siamo proprio di coccio! Andate a vedere a Premilcuore, città natìa di Benito Mussolini, quanta tour vanno ad omaggiare la cripta che è stata offerta a chi ha ucciso milioni di soldati. Chiedete in giro cosa pensano del gran Pelato, si dice pure bisex.

Siamo ben lungi dall’aver sradicato definitivamente questo male supremo del nostro tempo. Le sue radici sono profonde e come un fiume carsico attraversano diverse sinapsi di cervelli bacati. Virus dal nome antisemitismo, razzismo, imperialismo, ordine e disciplina e il folle culto della razza pura, ariana. Voglio dire, non c’è solo l’Aids nella dimensione della banalità del male. Molte personaggi, in vita bestie, non mi riferisco solo a Mussolini, sia chiaro, oggi godono di una vita o una piazza dedicata ai loro maledetti comportamenti.
La feroce
 mortalità  di 
quegli anni
Riempire i reparti
Ancora. Non si sa quasi nulla del virus, ne da dove arriva, come si è materializzato, perché tutto così in fretta, quali i controlli, alcune case farmaceutiche che improvvisamente salgono in borsa i titoli. Niente, non si sa nulla, ne della reazione istituzionale, ne delle sue origini, ne delle conseguenti "indagini" effettuate dalla CIA a suo tempo assieme all'OMS, Organizzazione Mondiale Sanità. Sempre a metà degli anni 80, l'Aids mise davvero in ginocchio ogni tentativo, anche momentaneo, per arginare almeno la mortalità feroce di quegli anni.
Il Nulla tutto insieme


La sgradevole verità è che l'Aids, come sette secoli fa la peste e cinque le malattie infettive euroasiatiche che sconvolsero e quasi distrussero le popolazioni indigene d'America, è un frutto avvelenato della globalizzazione. I microbi non pagano dazio e non s'arrestano alle frontiere. Per questo tanta paranoia spesso in giustificata, altrimenti sarebbe l’ennesima epidemia africana all'insaputa di tutti per la mancanza d’informazioni utili, la superficialità epidermica del volgo penserà a fagocitare il resto.
C’è chi azzarda nell'articolare, con autorevole piglio e stile persuasivo, modo di fare fresco. In quel periodo, come sempre, molte case farmaceutiche avevano farmaci da smaltire in magazzino e persone molto potenti, non politici ma eminenze grigie che gravitano attorno alla Farmacopea come affare e business, incuranti della salute reale dei pazienti e delle loro reali reazioni ai farmaci da loro promossi in modo feroce e cinico. Sono stati capaci di creare una realtà operativa farmaceutica favorevole a nuovi investimenti a caso, affinché alcuni farmaci in disuso tornassero in pieno vigore per essere poi impiegati nella lotta contro l’aids. Fino al 1995 quando sono arrivati i primi medicinali un poco più efficaci e meno bla bla bla.
Capovolgimenti
di       patologie
Come l’Azt, che per effetti collaterali ha ucciso migliaia di persone a causa di Leucemie varie provocate da quel farmaco ora vietato, ho perché ha provocato migliaia di tumori che sono costati molti morti. L’Azt  uscì come un anti tumorale negli anni ‘50. Reagan, preso dalla paranoia della situazione creatasi, disse subito “SIIII, datemi l’Azt”, spalancando le porte al “farmaco miracoloso”, rivelatosi poi un grande carnefice provocando migliaia di vittime. Prima ancora, chi conosce dall’inizio la questione potrà ricordarlo, c’erano stati altri medicinali, come la Sintomodulina o Tp1Serono ed un altro che ora non ricordo.
Il dilemma, infatti, è che siamo in un periodo che non c’erano cure autorizzate e la ricerca farmacologica era in alto mare così come la prognosi per Woodroof, quindi nel film, è di un mese di vita. Dopo lo spavento iniziale, l’elettricista texano affronta di petto la novità che lo trascina in un mare di guai impregnati di pregiudizi omofobi.
 Traffici        impropri
Decide di testare su di lui i farmaci sperimentali che gli davano in ospedale. Inizia così per l'uomo una spola tra Texas e Messico, un viaggio della speranza e disperazione per portare nei confini americani in qualsiasi metodo i farmaci furtivi frutto di traffici impropri, favori di infermieri, fino al Messico il traffico del mondo, dove trovi di tutto, da un polmone ad un AK-47 o Kalashnikov.
Woodroof comincerà ad essere un punto di riferimento preciso per chi non si fida dei presidi ospedalieri americani, e decide l'uso alternativo, con altri malati di aids, creando un club d'acquirenti con tanto di rata ogni mese, divenendo per numerosi terminali l'ultima illusione o possibilità. Il movie ha vinto sei Premi Oscar, tra cui miglior film e migliore attore protagonista e non protagonista assegnati a Matthew McConaughey e Jared Leto. I cambiamenti fisici dei due attori è formidabile. Per entrambi un notevole calo di peso, capaci di strepitose performance che gli sono valse un Golden Globe a testa
 L’impronta
Commedy
Da notare, nonostante la drammaticità degli eventi narrati, la stupefacente narrazione della comedy che rende il disagio in modo più attenuato e forse realistico. Emergono eclatanti personaggi come il prete alla frontiera, oltre ad un McConaughey impagabile e che avrebbe meritato un Oscar per l'imprimatur e l'intensità che da al suo personaggio, una scossa di imprevedibile energia stupefacente, con quello sguardo al tempo stesso disperato e stimolante. Un film intenso, costellato da sofferenza, dolore e rabbia, morte e resurrezione. Una battaglia per il diritto alla vita che potrebbe toccare tutti. Il problema, se tale possa essere considerato, non è un film tragicamente vero e credibile. Ma va detto.
Senza fare quelli che hanno la puzza sotto al naso, va detta una cosa. Molto spesso, gli attori americani, quelli più illuminati intendiamoci, non Michael Douglas o Tom Cruise, riescono a imprimere grazie al loro potere contrattuale o al loro carisma, delle svolte importanti a progetti di film complicati e personaggi che da altre parti non nascono. Sarà paure di essere giudicati rozzi a cui piace il cinema di pancia, che rabbia, ma và detto che spesso il cinema americano riesce a creare meglio di tutti preziosi movie dalle profondità oceaniche.
Per evitare le multe del governo per i trafficanti di farmaci non approvati, Ron creò un centro per malati terminali di Aids o anche solo sieropositive, offrendo a loro l'accesso ai farmaci che il Sistema Sanitario americano vietava. Un privè del dolore, ma non solo, un luogo dove il passavoce regnò per anni allargandosi a livelli preoccupanti  per persone che non gli bastavano le risposte monche e tentativi fasulli che la medicina dell’epoca offriva. Mi riferisco in particolare modo al'assunzione di milioni di persone che per decenni hanno preso l'Azt, ora vietato perché ti toglieva parte dell'Aids, ma ti faceva morire di Leucemia. Quanti conoscenti sono al Camposanto a causa di questa pazzesca Metodica Sanitaria, come potremmo chiamarla altrimenti? 
 Ragionamenti       bizzarri,
ma soprattutto pericolosi
Matthew McConaughey 
Il film da spunto anche per gli storici improvvisati al bisogno, ossia chi dice che l’Aids è una truffa, e l'Hiv non sarebbe responsabile della morte delle persone. Dio, quanto sono stupide queste persone, il fatto è che sono anche tante, alcune anche malate di Aids. Dico, lo vedi sul tuo corpo quel che succede, come cambia, che bisogno hai ancora di sindacare il dettaglio minuzioso teorico - solo teorico - un ragionamento bizzarro, ma soprattutto pericoloso, perché illude le persone. Le illude perché in soldoni, questi poveri sciocchi, in buona sostanza, affermano che l'Hiv è una palla, una bugia. Uno può pensare quello che vuole, ma non può discettare giudizi col taglio dell'accetta o con la punta del fioretto. Sono in tanti, decisi e battaglieri, convinti di aver ragione fino in fondo impossibile instaurare o impostare un dialogo. E' impossibile. Intanto loro sono negativi al virus, chi ce l’ha lo sa benissimo che l’Hiv è reale.
Capitolo Reagan

 Il preservativo non
va messo in testa,
Presidente!
Oppure: “L'Aids schiaccia l'Africa. La nuova sfida del secolo”. La sciatteria con cui è stato trattato l'Aids è di dimensioni colossali. Ricordiamoci anche dei “bravi” politicanti come Valter Veltroni che andando in Africa scoprì i malati di Aids. Tornando a Roma, deciso, afferma agli organi di stampa tutti che quando finirà di fare politica sarebbe andato in Africa ad aiutare chi muore di Aids dicendo: “Prima regola, mettere a tutti il preservativo!”, che è un primo passo, ma il fatto è che lo dice da vent'anni. Onorevole Veltroni, il tempo passa veloce, e lei ha 67 anni. Quando pensa di andare in Africa ad aiutare i morenti d'Aids, come aveva detto di ritorno dal Continente nero? La vita prosegue, ed il "politicamente corretto" Valter se dimenticato tutto o forse sta meglio a Roma al fresco dell'aria temperata del Parlamento. Concludo scrivendo che questo episodio la dice lunga sul Pd.

Parevano galleggiare nell'aria come un manto marrone si stenderebbe sulla spiaggia, arenato come s’abbandona un cetaceo alla privazione d'aria nei polmoni per essersi spiaggiato. Dedicato a tutte le Croci che mi ritrovo addosso. Chi l'avrebbe pensato che sarebbe andata così? 

martedì 19 luglio 2016

Antolgoia Faber

Come in una
Qasba        d'angiporto


         di Matteo Tassinari
Faber era enormemente divertente e divertito e non il musone da palcoscenico o l'anarchico incazzato, come dice Villaggio in un’intervista che circola su Youtube da anni e pure questa volta, come al solito, Fantozzi non ha perso l’occasione per essere, LUI, al centro del racconto, indiscutibilmente il suo più grande amico. L'ego di Villaggio lo porta ad essere vanitoso d'essere stato il miglior amico di De André, che in privato aveva la battuta sempre in giunco e strappare il più possibile sorrisi e speranze.
Basta. Questa volta non m'inerpicherò nel cercare il birignao o lo sparagnao letterario migliore o la sintesi più incantevole o seducente come un calembour ad hoc per la rituale celebrazione della nascita di Fabrizio De André. Era un libero battitore e dovunque andasse non era lui che andava e prendeva, ma erano gli altri che lo vampirizzavano in tutti i modi, anche un sorrisetto o un banale autografo durante il consueto post-concerto dal mitico poeta in musica, colui che non convincere più nessuno ch'era il miglior poeta del secolo scorso.
 Soggiogati dal potere

Rimanere sempre sbalorditi dal suo tratto personale, quello che conosci solo frequentandolo, non lo percepisci ad un concerto, per favore… Imponente anche quando vorrebbe non esserlo, come un capo indiano. Dovunque andasse, Faber era sempre il centro della scena, sfortuna per uno che qualche volta, anzi spesso, vorrebbe starsene per i fatti suoi. In questa figura da Cheyenne consumato in ingiustizie e soprusi, non gli dispiaceva però.
Come rivendicava il suo diritto a sputare sulle cose che gli venivano imposte da chiunque senza il suo contributo. Ma ben venga. Non è una vita semplice, negli anni '60 inventare uno stile nuovo nel paludato mondo Italico di sanremese, quando l'interprete più trasgressivo era Domenico Modugno.

 La ballata
            folk&beat
Per questo il bisogno anche di ritirarsi e dirci che quello che non aveva, era proprio ciò che non gli mancava, la visione alternativa della propria esistenza emergente in quel periodo di cambiamenti innegabili per chiunque. Da questa frenesia vitale nascono tutti gli esperimenti mirabili nel suo scrigno damascato. Inutile a ripetere sempre i suoi lavori, chi li conosce è a posto, chi non lo conosce si dia una mossa.


L'alcol,
antidoto
pubblico
Il primo concerto di De André a Sarzana nel 1981, è un momento terrificante per Faber. Esporsi al suo primo concerto, era un vero e proprio trauma per la sua sensibilità. Così lo affrontò con molto whisky (una bottiglia di Jhonny Walker, quello con l’etichetta storta) in corpo per la tensione che questa situazione creava e il liquore placava.
Vicoli
&
ghetti




Cantò e suonò solo, non disse una parola per le due ore e mezza di concerto, se non per presentare i suoi musicisti che lo accompagnavano in tournée. C'è voluta un'ora netta, prima che uscisse dal camerino. A spingerlo fuori due amici: Paolo Villaggio ed il regista Giuseppe Ferreri. Come disse di se stesso: "Non sono un uomo di spettacolo, non so controllare i muscoli facciali. Bisogna essere allenati ed io non lo sono. E’ un gioco che non sono allenato a fare!".
Arriverà ad affermare che le sue canzoni gli piacciono solo prima che vengano cantate in pubblico, dopo, cantate davanti a tanta gente, pubblicate, perdono di autenticità e non gli piacciono più. Forse, proprio questa ricchezza di sentimenti che lo animavano, era una delle doti maggiori di Fabrizio, doti che si fondano nel coraggio ed in una coerenza sempre in movimento davvero rara nella società del dopoguerra.
Ecco che il percorso artistico di Faber ha inizio sulla pavimentazione umida di un carruggio genovese, di "Via Del Campo", prolungamento della famosa via Pre, la zona dell'angiporto genovese (una cittadella nella città), strade proibite di giorno, ed ancor più di notte. Vicoli considerati come ghetti cittadini, con Faber che riesce a dimostrare come esista in quel posto, invece, un'umanità segreta perché respinta, fuori dalle regole stabilite, prostitute, "carini", marginali sociali, figli delle nuvole, disertori di guerra. Tutti vivevano li, nella loro cattiva strada, dove tutti trovano un po d'amore, perché non si nega a nessuno, neppure ad un assassino.

Mauro Pagani il "FacTotum" di De André
Oltre ogni
specchio
mentale

...e da ogni schema
Sebbene nato a Genova, Fabrizio, vive con la famiglia nella campagna Astigiana a causa dell’aggravarsi della situazione bellica. Nel dopo guerra farà rientro in Liguria. I genitori vorrebbero che studiasse violino mentre Faber, dopo gli ascolti di George Brassens, avviene un folgorante incontro con la musica che trasporta nelle canzoni dei suoi primi album. Già segnalato a scuola per i suoi comportamenti “fuori dagli schemi” finisce per diplomarsi al liceo classico Colombo. Faranno seguito, alcuni corsi di lettere e di medicina, presso l’Università di Genova, poi la facoltà di Giurisprudenza, ispirato dal padre e dal fratello Mauro (brillante avvocato e uomo di fiducia di amministratori delegati importanti, il contrario di Faber). Ma mancano sei esami alla laurea, quando Fabrizio interrompe gli studi per seguire la sua strada: la musica.
I Gigli del    recinto
Quello sciocco
dossier
Frequenta alcuni amici come Tenco, Bindi, Lauzi, il poeta tossicodipendente Riccardo Mannerini morto quasi cieco suicida e con egli scrive "Il cantico dei drogati" e inizia a suonare più motivato e più alcolizzato. "Quando bevi, la fantasia viaggia sbrigliatissima" diceva un Faber 30enne.
Alcol, donne, prostitute, Faber non si fa mancare nulla, ogni tipo d'esperienza lo incuriosisce e lui l'esplora con tutti pericoli che questo comporta, fisici e psichici, come i Gigli nel proprio recinto. Spesso in strada fra i gigli del popolo, oppure assieme al suo amico Pepi Morgia, Bubbola, Pagani, Villaggio frequentando con lui anche delle navi da crociera come animatori artistici per le feste di bordo.
Pepi Morgia, amico di Faber e suo tour manager
Storie ridicole a sentirle raccontare, storie sbagliate, da una botta e via, come quella messa in note e dedicata all'assassinio perpetuato dello Stato italiano di Pier Paolo Pasolini ad Ostia da Parte dei Servizi segreti italiani, che poi si occuparono, negli anni a venire, anche di De André, accusandolo di sostenere le B.R.. Uno sciocco dossieraggio targato anni '70 e con questo ho detto molto, quando le forze dell'ordine erano in mano a Cossiga o Andreotti.


Arrivò Mina
e "truccò" le carte...


Arriverà il suo primo amore, Enrica Rignon detta “Puny” dalla quale avrà il figlio Cristiano, ma con lei avverrà la separazione intorno all'inizio degli anni ’80. "Puny", fa parte ancora di quel mondo borghese a lui sempre andato troppo stretto e di cui è stato uno splendido traditore di classe, denunciandone tutti i privilegi dei ben pensanti e di chi è abituato a farsi ascoltare piuttosto che ascoltare. Fra il matrimonio e la nascita del figlio Cristiano, Faber si rende conto che deve fronteggiare al mantenimento della famiglia e la sua attività, all'epoca, offriva scarsi proventi economici. Dunque sceglierà di interrompere la musica per portare a termine gli studi e trovare un "serio" lavoro.


"E adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri, vestiti uguali, tranne qual è il crimine giusto per non passare da criminali, C'hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame". Grazie Fabrizio. E 'fanculo a chi pensasse che sono sconfinato nella retorica.